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.Fardis sottolinea più volte come questa verifica dovrebbe essere la prima che si esegue in fase di predimensionamento in quanto è dimensionante per le dimensioni delle colonne. Sempre Fardis ammette ed è consapevole della difficoltà di rispettare questa formula, è infatti per questo motivo che inserisce nelle espressioni (5.50a) e (5.50b) di EC8-1 ROmax anzichè RO, in modo da incrementare un pò il diametro massimo (questo però non viene fatto in NTC'08).
In sostanza inserendo ROmax al posto di RO l'EC8-1 rende le verifiche (5.50) un pò meno severe delle corrispondenti (7.4.26) di NTC'08.
Fatemi capire....è uno sconto che Fardis mi consente di attuare?
Fardis trova una formulazione, che come abbiamo visto dagli interventi di Giuseppe, ha un ben preciso significato fisico.....e poi vista la 'gravosità' della verifica.....me la riduce fittiziamente?. -
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Da EC8:
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Noto invece che la verifica è molto più agevole nei nodi esterni.
La seconda delle 7.4.26 fornisce valori dei diametri minimi di maggiore entità.
Ho 'imbellettato' il foglio elettronico. Immagino che g.iaria e Renato ne abbiano composti di più belli. Ma se volete lo metto in condivisione (anche per intercettare eventuali ulteriori errori che abbia potuto commettere).. -
.Ho 'imbellettato' il foglio elettronico. Immagino che g.iaria e Renato ne abbiano composti di più belli. Ma se volete lo metto in condivisione (anche per intercettare eventuali ulteriori errori che abbia potuto commettere).
Magari. -
.Noto invece che la verifica è molto più agevole nei nodi esterni.
La seconda delle 7.4.26 fornisce valori dei diametri minimi di maggiore entità.
Ho 'imbellettato' il foglio elettronico. Immagino che g.iaria e Renato ne abbiano composti di più belli. Ma se volete lo metto in condivisione (anche per intercettare eventuali ulteriori errori che abbia potuto commettere).
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Ok, condivido.
Fatemi sapere se qualcosa non funziona. Ovviamente.File AllegatoAncoraggio_7.4.26_DM08.xls
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Poi ho letto il Commentario ad EC8 a proposito della questione che qui si discute.
La situazione è seria, ma anche un po' tragica.
Oggi il rispetto della 7.4.26 per i nodi interni è alquanto impraticabile per molti motivi.
Poco cambia se in CD A o in CD B, nel senso che anche in CD B la si 'dovrebbe' rispettare, anche se meno dimensionante rispetto a CD A.
Nel momento in cui si sceglie tra CD A e CD B uno dovrebbe sapere a priori a cosa va incontro...
Il primo fra tutti è quello legato che al giorno d'oggi è ignorata da tutti, anche dai più esperti (i proff.) e dai professionisti più accaniti.
Potrebbe seguire un elenco di tanti altri motivi di carattere pratico "contro" la 7.4.26.
Con questo non intendo dire che è "lecito" ignorarla, anzi...
Quello che mi preoccupa di più non è tanto la perdita di ancoraggio (all'interno del nodo) delle barre della trave, ma il fatto che lo scorrimento di queste vada a contribuire a danneggiare il cls del nodo medesimo.
L'ideale sarebbe "inventare" un sistema meccanico aggiuntivo che eviti questo scorrimento all'interno dei nodi ove non sia verificata la 7.4.26.
Ma con il "vento che tira" (già si scocciano a mettere ordinate le barre che hanno negli esecutivi) appare improponibile qualunque "invenzione" (io ne ho pensata una). Nei lavori pubblici è più semplice fare eseguire dettagli particolari, perché il pubblico non è come il privato che "non vuole che l'ing. gli faccia spendere soldi che gli altri ing. non fanno spendere".
Da un punto di vista pratico è ottimo quello schema delle norme americane postato da F.Ridolfi che vincola al massimo a 1/20 di Hc il diametro delle barre delle travi.. -
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La struttura della formula ha una 'trappola' in se.
Se ho travi in cui devo utilizzare per forza dei diametri ben precisi, sembrerebbe che basti aumentare la dimensione del pilastro parallelamente alle barre che passano nel nodo.
Ma così facendo aumento le dimensioni del pilastro e, a parità di sforzo normale agente, diminuisco lo sforzo normale adimensionalizzato.
Quindi prima di risolvere bisogna fare alcune prove, perchè l'aumento della dimensione trasversale 'allarga' da un lato, ma 'restringe' dall'altro.
Per cercare di capire le implicazione della formula, ed anche per vedere come 'risolvere' le situazioni progettuali ho provveduto creare un diagramma.
Il diagramma ha un valore relativo. Infatti sono tante le variabili che ho fissato per crearlo. Le caratteristiche dei materiali anzi tutto, la classe di duttilità 'B', ed un rapporto tra armatura tesa e compressa tra le barre longitudinali della trave pari a 0.5
Eccolo:
Diciamo che può essere utilizzato in doppio modo.
a) Vista la dimensione longitudinale del pilastro, e 'deciso' un diametro per la trave, il diagramma fornisce il valore di sforzo normale adimensionalizzato minimo che deve avere il pilastro.
b) Avuto da calcolo lo sforzo normale adimensionalizzato nel pilastro e relativa dimensione longitudinale, posizionare il punto nel diagramma e capire sotto quale curva di massimo diametro si stia, ed armare di conseguenza le travi.
Insomma, il diagramma in se non servirà mai a nulla. Ma a fissare le idee forse si.. -
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Una domanda.
Ma è possibile vedere delle foto, di eventi reali, ma anche ricreati in laboratorio, dove il fenomeno che sottostà alla 7.4.26 è visibile, effettivamente verificatosi, ecc.?. -
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Da tutta questa discussione mi sono tornate in mente le parole del mio professore all'università..
una delle regole di predimensionamento per i pilastri che ci insegnó (e che ho usato fino ad oggi) era
hpil >= 15 dmax
Ove dmax era il diametro massimo che si intendeva impiegare nella trave.
Da oggi sostituiró quel 15 con 20
Ad ogni modo, lui argomentó che tale formuletta, nata da un mix di calcoli numerici, prove sperimentali ed esperienza, garantiva un minimo di ancoraggio (amplificato dall'effetto dello sforzo normale nel pilastro) delle barre delle travi, proprio per evitare eccessivi "stress" al calcestruzzo o scorrimenti relativi tra questo e le barre, dovuto al problema introdotto da Iaria (a proposito,complimenti per i tuoi interventi), ossia il fatto che la trave nelle fibre superiori, da un lato del pilastro è compressa,mentre dall'altro è tesa.
Lui aggiunse che l'effetto di scorrimento relativo dovuto al calcestruzzo compresso attorno ad una barra che funge da ancoraggio per la campata adiacente , in minima parte, era mitigato dal fatto che generalmente essendo la trave in condizioni statiche, sollecitata a trazione nelle fibre superiori, sovrapponendo i diagrammi sismici a farfalla con quelli statici, il momento dal lato compresso era sempre un pó minore di quello sull'altro lato, e poi che mentre la trazione è tutta a carico dell'armatura, (in teoria), la compressione al lembo superiore di una trave si diffonde in parte anche nella soletta di solaio, che quindi contribuisce a diminuire le deformazioni di accorciamento nel cls compresso.
Oltre questo peró lui suggeriva di aggiungere nella soletta di solaio,nella zona del pilastro, delle barre parallelle disposte poco distante (qualche cm) da quelle delle travi, in modo da ricercare una diffusione delle tensioni di ancoraggio, anche su tali barre aggiuntive.
Allora era il 2005, ero studente, e la cosa mi aveva convinto, poi mi laureai..uscì il DM che tutti conosciamo e il suo 7.4.4.1.1 che scoraggia il progettista a mettere queste barre nella soletta, pena il doverle considerare nel Mu della trave con maggiore richiesta di prestazione ai pilastri.
Ora ho, quello che mi spinge a fare la norma, i discorsi usciti qui, e le lezioni che mi sono state impartite.
Tutto questo mi spinge a domandarmi..ha un senso inserire quelle barre per mitigare i problemi di cui parliamo qui?e se ce l'ha...ha senso considerarle nel calcolo del Mu delle travi come impone la norma?ma soprattutto è ideabile una loro configurazione(es.limitarne la lunghezza) per poterle ritenere un aiuto all'ancoraggio delle barre delle travi, ma non un contributo al momento ultimo delle stesse?. -
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Si la distanza consigliata era circa 3/4 cm.
Cmq io pensavo ad una soluzione simile alla tua..ossia queste barre di lunghezza pari a circa il lato del pilastro,ma che poi proseguono andando ad annegarsi nella soletta a 45 gradi (in modo da fuoriuscire subito dalla porzione di soletta collaborante, o diversamente magari disporre una sorta di staffa chiusa, leggermente più larga posata sulle barre delle travi (non so se si capisce).
Peró ora che hai postato quella interessante immagine sulla diffusione delle tensioni nel nodo, mi viene in mente, se allora la migliore soluzione non sia di disporre uno spezzone all'interno del pilastro, lungo circa come il pilastro, posto poco al di sotto (3/4 cm al solito) delle barre passanti delle travi.. -
g.iaria.
User deleted
Aggiungo anche alcune immagini di nodi (di estremità) in cui si vede manifestato chiaramente il fenomeno di rottura sotto carico ciclico per ancoraggio insufficiente delle barre delle travi:
Uploaded with ImageShack.us. -
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Questa è l'immgine a pagine 272 del PP:
Le immagino postate sopra, però, sono tutte di nodi esterni, anche io sarei curioso di vederne una di un nodo interno "dal vivo". -
.Aggiungo anche alcune immagini di nodi (di estremità) in cui si vede manifestato chiaramente il fenomeno di rottura sotto carico ciclico per ancoraggio insufficiente delle barre delle travi:
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In queste foto mi pare, sì, insufficiente l'ancoraggio, ma per non essere state poste quelle barre delle travi all'interno delle staffe dei pilastri.
In questi nodi di estremità la barra della trave che finiva fuori dal "nodo" (fuori staffe) l'ho sempre trattenuta a non fuoriuscire (espellendo in prima battuta il copriferro) con tirantini.
Dovremmo cercare foto e filmati (rallentati) di nodi interni ed esterni in cui si evidenzia lo scorrimento (la perdita di ancoraggio di cui parliamo).
P.S. Attenzione menphis, è hc, al netto dei copriferri. Forse con hpil qualcuno potrebbe intendere, sbagliando, al lordo dei copriferri..