Il Bar dell'Ingegneria

Il quadro fessurativo

Un racconto a più mani (chi vuol contribuire è bene accetto)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,939
    Reputation
    +187

    Status
    Online
    Parte prima

    Si riscosse all'improvviso.
    Forse era stato il movimento della cassiera con la sciarpa al collo ad averlo ridestato, oppure il freddo che cominciava a percepire alle ginocchia.
    Non avrebbe saputo dire come c'era arrivato, ma si trovava davanti alla vetrina del negozio di surgelati che vedeva sempre passando in macchina vicino casa.
    Era una categoria di negozi che non frequentava mai. Vi era entrato soltanto poche volte, ma senza mai acquistare nulla. Il freddo all'interno, amplificato dalle pareti generalmente piastrellate di bianco con le ancor più fredde luci al neon non lo invogliavano affatto.
    I tentacoli di polpo pescato nelle Antille, surgelati nelle Filippine ed importati dal Messico, rigidi e strettamente inguainati nella busta di plastica sotto vuoto non lo emozionavano affatto. E guardando nei banconi, tra il preparato per risotto alla pescatora e via via fino ai ghiaccioli dei colori più vari e a suo giudizio con fosforescenze mortali, veniva preso dalla voglia di scappar via al più presto, forse anche per gli occhi del cassiere fissi su di lui, a seguire ogni sua mossa.
    In questo negozio, a dire il vero, pur senza esserci mai entrato, riteneva che il proprietario avesse provato a far meglio che in altri posti. Le pareti, dipinte di un arancione acceso, stemperavano, seppur parzialmente, il solito senso di gelo. Certo, in un impeto di ottimismo il proprietario aveva anche piazzato due casse. Ma una risultava vuota, e chissà da quanto. E l'unica cassiera, con la sua sciarpa al collo, il negozio vuoto, rimaneva oziosa a guardare lui all'esterno della vetrina che a sua volta guardava all'interno senza in realtà vedere nulla.
    Era uscito di casa per schiarirsi le idee. Aveva passato il pomeriggio a guardare le carte che per posta erano arrivate in mattinata. Dal tribunale.
    Quello che leggeva nelle carte gli ricordava qualcosa, e più leggeva più veniva preso dall'ansia, da una strana sensazione. Uscire per schiarirsi le idee era stato a dir poco necessario. E la passeggiata era servita, eccome. Il suo stazionare davanti la vetrina del negozio dei surgelati era la conclusione di un lento ed interiore processo. Di ricordi che a poco a poco avevano preso a fluire ed a riaffiorare.

    Gli era capitato dieci anni prima, forse anche più, non riusciva a collocare l'episodio con precisione nel tempo: lo aveva chiamato un architetto vecchio conoscente.
    Non gli era particolarmente simpatico. Troppo compreso nel suo ruolo di essere perfetto, al di sopra della marmaglia umana che lo circondava. Con un atteggiamento da superuomo che affiorava ad ogni suo discorso. Forse accentuato dall'aver fatto il militare come ufficiale paracadutista. Fatto che non mancava mai di ricordare a tutti i suoi interlocutori. Sicuramente in caserma gli avevano fatto il lavaggio del cervello, ma altrettanto sicuramente si trattava di cervello predisposto al lavaggio. Sapeva che da un anno circa era diventato assessore ai lavori pubblici di un piccolo comune.
    Saltati i soliti scarni convenevoli, l'architetto andò dritto al punto: essendo un 'esperto' in geotecnica (cosa niente affatto vera) voleva che lo assistesse su una questione delicata. Sarebbe potuto passare dal suo studio?
    Ricordava che non era stato particolarmente entusiasta della prospettiva di rivederlo, ma in fondo la sua naturale curiosità era già stata sollecitata. Perchè no?

    Qualche giorno dopo in studio l'architetto gli mostrò le foto di un edificio isolato in muratura, sopraelevato 15 anni prima, con un quadro fessurativo di tutto rispetto. Lesioni di tutte le specie, ma sostanzialmente riconducibili a cedimenti in fondazione.
    Tirò fuori quindi un progetto architettonico di sopraelevazione del 1996 costituito da 2 tavole da cui non si capiva un acca. Non si capiva quale fosse lo stato di fatto prima della sopraelevazione, non si capiva nemmeno la effettiva consistenza finale del volume edilizio.
    Bisognava fare lo slalom tra sezioni e prospetti per arrivare a capire che in qualche campo di solaio la sopraelevazione non era semplicemente singola ma doppia.
    Visionarono anche una tavola strutturale, ma anche questa molto criptica. Riconobbe però il nome dell'ingegnere che l'aveva redatta: un ex collega universitario.
    L'unica cosa 'chiara' era relativa alle fondazioni. Su tutti i maschi murari l'ex collega 'decideva' di fare una sottofondazione in cemento armato. Tra virgolette il 'decideva' perché siamo tutti bravi a disegnare un bel travone 30 cm più largo a destra ed a sinistra dello spessore del muro e poi non indicare come un simile travone possa essere realizzato….
    Non c'era altro. Nessuna relazione di calcolo, nemmeno altre tavole con qualche schema esecutivo….forse mai esistiti, oppure l'architetto non aveva fatto opportuna ricerca.

    Era rimasto assai perplesso. L'esame delle foto era illuminante, ma le tavole di progetto, soprattutto le sottofondazioni previste, facevano ripiombare nel buio qualsiasi ipotesi. Non aveva capito. E certamente non aveva capito cosa voleva da lui l'architetto.
    Che tra molti colpetti di tosse e parecchie pause cominciò a dirgli:
    “La DL, svolta da giovane professionista alle prime armi, è stata...come dire….ehm...particolarmente assente. Si è vero, c'è la relazione a strutture ultimate, c'è il collaudo….ehm...ma la verità è che il committente, abitando nella suddetta abitazione, non aveva assolutamente voluto traslocare...ehm…..capiscimi, e che quindi…...insomma, …. alla fine le sottofondazioni non si sono più fatte! Ovviamente d'accordo con il committente....”
    Si capiva che stava camminando sulle uova. L'architetto non aveva fatto parte della prima compagine progettuale, quella del 1996, ma, stranamente, sapeva tutto quanto.
    Ma in definitiva l'architetto cosa voleva da lui? Intanto che formulava questo pensiero lo vide aprire un cassetto e prendere una sottile relazione. “E' il rapporto di laboratorio sui provini di terreno prelevati durante i sondaggi”. Sondaggi? Fatti quando? Perchè non ne aveva parlato prima? Quindi non si era all'inizio di un lavoro. “Dagli un'occhiata con comodo, poi ci incontriamo di nuovo, stavolta con il geologo”, gli disse, di fatto congedandolo. Era un incarico? C'era di già un geologo? Era……..boh! Non aveva voluto approfondire.
    Si, in qualche modo l'architetto lo metteva in condizione di disagio, gli costava ammetterlo, ma era evidente che era così.
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    443
    Reputation
    +27

    Status
    Offline
    Lascia perdere comprati una vaschetta di gelato algida e restituisci le carte. Vedi di non passare un guaio appresso a questa gente
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    3,345
    Reputation
    +213

    Status
    Offline
    Primo intermezzo

    Due ore dopo era disteso sul divano di casa.

    Non è che bevesse abitualmente, ma gli piaceva, di tanto in tanto, consumare qualcosa dal suo mobiletto bar. In genere non aveva ospiti, viveva da solo, probabilmente aveva lavorato così tanto nel momento sbagliato che gli era quasi sfuggita l'idea di cercarsi una moglie. Così, i suoi liquori rimanevano ciascuno nella propria bottiglia, ed ogni bottiglia nel mobiletto di rovere che teneva vicino al divano, e spesse volte il mobiletto rimaneva chiuso a lungo. Si versò dapprima due dita di Cardenal Mendoza ma, dopo il primo sorso, se ne versò dell'altro. Non era come al solito, stavolta sentiva il bisogno di qualcosa che lo aiutasse a pensare. Perché, stavolta, non era solo di travi, di rigidezze, di fattori di struttura o, quello che era un vero tormento, di carte che si doveva occupare: stavolta doveva capire perché tra sette miliardi di persone al mondo, oltre due milioni e mezzo di abitanti in tutta Roma, più di ventimila tecnici iscritti ai vari ordini, tra tutte le persone che l'architetto, nella sua posizione, poteva aver conosciuto era stato tirato fuori dal cilindro proprio lui.

    Si addormentò che i suoi pensieri non s'erano ancora schiodati dal punto di partenza.

    Sognò d'essere una guardia repubblicana dell'antica Roma, in servizio dinanzi al Senato. Poteva essere talvolta duro, o meglio snervante, il suo lavoro, specialmente quando il Senato teneva delle sedute interminabili, come quando si discusse dell'invio di truppe in Gallia. Pioveva quel giorno e lui dovette rimanere immobile nella sua posizione, con l'abbigliamento militare tutto inzuppato, le gambe e le braccia nude, dal pomeriggio a notte fonda e, alla fine, dovette ringraziare pure Gneo Pompeo Magno che, uscendo dal Senato a metà seduta, lo vide e lo mandò a casa:
    "Va', non servi più qui, quelli che stanno qui dentro non hanno bisogno di essere guardati, sono ben altri che hanno bisogno di guardarsi da loro".
    Ora che lui stava proprio sotto la statua di Gneo Pompeo Magno, morto pochi anni prima, non poteva non ricordare quelle parole. E non erano certo i Galli che dovevano guardarsi da quei senatori, ma l'intero popolo romano. Perché, dopo la campagna di Gallia, il senatore Gaio Giulio Cesare e i cosiddetti cesariani, tornati vincitori e conquistatori, stavano mettendo in pericolo la Repubblica. Cesare era ormai così potente che, se solo volesse, sarebbe potuto diventare - pure oggi stesso - il nuovo re di Roma, mettendo a tacere quelle quattro galline starnazzanti che erano rimaste in Senato ad opporsi alla sua ambizione.
    "Gneo, avevi forse fiato da sprecare quando parlavi in Senato all'indirizzo di Cesare cercando di ridestare il popolo dal sonno in cui era caduto?"
    E così pensando, nel suo beato sogno, si godeva, da guardia repubblicana, quel caldo sole di marzo che illuminava lui e la statua di Pompeo. Avrebbe avuto, quel giorno, di che raccontare ai suoi nipoti.
     
    Top
    .
  4.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    2,939
    Reputation
    +187

    Status
    Online
    Parte seconda

    Si ridestò all'improvviso. Stavolta ridendo di se stesso, mezzo addormentato nel divano di casa.
    Dalla vetrina dei surgelati, cosciente di se, aveva ripreso la sua passeggiata verso casa. Stavolta a passo più spedito, guardando il traffico, stando attento alle deiezioni dei cani sui marciapiedi, e si era fermato anche al panificio.
    Altro genere, del tutto diverso dal negozio dei surgelati. Entrando una bella e calda temperatura, il profumo del pane appena sfornato, il sorriso della banconista con la sua cuffietta appena appuntata sul capo in modo da lasciare comunque liberi i capelli. Troppo giovane, ma in fondo….
    I panifici delle sue parti avevano tutto. Avevano il pane, i biscotti, le pizzette mattutine (a dire il vero non particolarmente invitanti per lui, con la passata di pomodoro troppo rossa, la fetta di prosciutto troppo rosea appena coperta da un mattone di mozzarella non troppo bianca), la rosticceria e qualche primo piatto a pranzo ed anche il panettone a Natale. Lui era abitudinario, forse anche troppo. Ormai non ordinava quasi più, tranne quando al bancone c'era una nuova impiegata. La banconista troppo giovane sorridendo gli fece subito il solito pacchettino. Un fischietto con le olive, un panino allungato con i semini di sesamo sopra.
    Ed arrivato a casa si era ricordato dei liquori. Stranamente, pensò, perché non vi ricorreva spesso, d'altra parte la polvere sulle bottiglie in qualche modo lo provava.
    Rise di se stesso pensando all'effetto che avevano avuto. Altra perdita di coscienza. Non il nulla di poco prima. Ma antica Roma……

    Ma adesso era nuovamente attento ed aveva ripreso a ricordare. Era nuovamente tornato indietro ad almeno 10 anni prima.
    Aveva preso la relazione dell'architetto e nel suo studio l'aveva sfogliata. In mezzo un foglietto scritto a penna, forse appunti presi dal fantomatico geologo in fase di trivellazione. 1.50 m di terreno vegetale, altri 3.0 m di argille poco consistenti, quindi le argille di base, su di un lato del foglietto, sull'altro lato altra colonna di indagine con uno strato prima delle due argille non presente nel primo: “Limo?” l'appunto del geologo.
    Guardò l'intestazione del laboratorio in copertina. Non lo conosceva. D'altra parte era stato l'architetto a ritenerlo 'esperto' in geotecnica, e lui riconosceva di non esserlo affatto.
    Cominciò a leggere le varie pagine. Una prova a taglio diretto sul campione prelevato nell'ambito del terreno vegetale, una prova triassiale a 5.00 m di profondità del primo sondaggio, una per lui sconosciuta prova triassiale “non consolidata - non drenata” su un campione a 8.0 m di profondità del secondo sondaggio.
    Limiti di Attemberg a gogo, nessun cenno a falde o ad acque rinvenute durante le trivellazioni.
    Non ci capiva nulla. L'unica cosa certa, rileggendo un'altra volta il rapporto di prova era che sulle argille “poco consistenti” non si era fatta alcuna prova, ed anche il misterioso “Limo?” tale rimaneva.
    Si ricordò di un suo ex collega - tutta questa storia era densa di suoi ex colleghi - realmente geotecnico.
    Lo aveva lasciato subito dopo la laurea a fare il dottorato di ricerca all'Università, proprio in geotecnica, poi aveva saputo che, a contratto, collaborava con uno dei suoi professori universitari, poi più nulla. Lo aveva incontrato nuovamente da poco per una conoscenza ed un lavoro comune.
    Tutto sommato si era conservato, dai tempi giovani dell'Università, abbastanza bene. I suoi capelli ricci tali erano rimasti, seppur venati da qualche capello bianco, ma quasi tutti concentrati sulle basette, e solamente un filo di pancetta rivelava i suoi reali 50 anni.
    Come avrebbe capito dopo, per altri lavori fatti insieme, si trattava di un geotecnico destinato all'infelicità. Era un ossimoro vivente: “un geotecnico preciso”. Ogni volta non aveva dati sufficienti per poter fare le sue famose “correlazioni”. Chi aveva fatto i sondaggi non lo aveva consultato prima, aveva un orientamento differente dal suo, a suo dire facevano sondaggi dove non dovevano e dove dovevano non li facevano, prelevavano provini su strati poco significativi o in numero decisamente insufficiente. Di fatto aveva la sfortuna di non essere mai interpellato prima della campagna di indagini. Gli consegnavano invece gli esiti di campagne già fatte, e per lui il materiale non era mai sufficiente: non poteva correlare.
    Forse però quella prima volta aveva realmente ragione. Anche lui si soffermò a lungo sulla prova “non consolidata – non drenata”, leggendone il titolo più volte ad alta voce, nel tentativo ricordare anche lui di cosa si trattasse e a che scopo fosse stata fatta.
    Di fatto non c'erano dati per poter capire cosa fosse successo a quell'edificio, e quelli che c'erano non servivano a molto. Immaginando che ci fossero delle fondazioni, come logica voleva, queste avrebbero dovuto bucare lo strato di terreno vegetale, ed attestarsi sulle argille poco consistenti. E di quelle non si sapeva nulla. Le uniche prove “serie” erano entrambe sulle argille di base. Si volevano forse fare dei micropali e quindi attestarsi sulle argille di base? Ma da quella prova triassiale gli disse non era possibile ricavare alcuna cu, e nemmeno correlando (lo disse con un certo sussiego, facendo una breve pausa) alcun altro dato.
    Era ritornato al suo studio più confuso di prima. Ma anche più curioso di prima.
    Doveva certamente incontrare nuovamente l'architetto. Capire di più. Certe erano le lesioni che aveva visto in foto. Poi l'inutile, a quanto pareva, rapporto di prove...e le fondazioni? Come erano fatte le fondazioni? Ci si era occupati del terreno, possibile che nessuno si fosse preoccupato di sapere su che 'basi' poggiasse quel fabbricato?
     
    Top
    .
3 replies since 6/3/2016, 13:03   222 views
  Share  
.